Questo scritto approfondisce la storia dell’ospedale psichiatrico Vittorio Emanuele II di Nocera Inferiore, inaugurato nel 1883, un argomento che merita un’analisi più completa. A causa del sovraffollamento del manicomio di Aversa, considerato il più grande d’Europa, il dottor Federico Ricco, ex direttore dell’Ospedale della Pace di Napoli, ottenne nel novembre 1882 la concessione dell’ex convento degli Olivetani per creare un nuovo ospedale psichiatrico. Ricco coinvolse le province di Avellino, Bari, Campobasso, Foggia e Salerno in un consorzio per garantire l’assistenza ai pazienti provenienti da queste regioni. L’ospedale aprì ufficialmente il 31 dicembre 1883, con lo statuto approvato il 5 febbraio 1884 e il contratto di concessione tra le province firmato il giorno seguente. Inizialmente con una capacità di 500 pazienti, la struttura si rivelò presto insufficiente. Ricco ampliò la struttura utilizzando un edificio adiacente alla basilica di Materdomini, donato dal “fondo per il culto”, creando così la “Casa di cura privata Materdomini” come succursale. Tra i pazienti ricoverati a Materdomini figura anche Carlo Cafiero, anarchico morto lì il 17 luglio 1892, noto per la sua collaborazione con Marx ed Engels e per il suo ruolo di guida nel movimento anarchico. L’ospedale, insieme alle Manifatture Ceramiche Meridionali (MCM), rappresentò per oltre un secolo il principale datore di lavoro della città, impiegando circa 3.000 persone agli inizi del ‘900. Il carattere consortile dell’istituzione attirò centinaia di lavoratori da altre province, soprattutto dalla Calabria e da Cosenza, con un ulteriore afflusso di circa 200 calabresi tra il 1971 e il 1974, in seguito alla riforma sanitaria del 1968. Questi lavoratori hanno contribuito significativamente alla vita sociale e culturale di Nocera. La presenza dell’ospedale ha reso Nocera un centro del dibattito culturale e scientifico che portò alla riforma Basaglia e alla chiusura dei manicomi. Tra le figure chiave che si adoperarono per migliorare le condizioni dei pazienti, si ricorda il professor Sergio Piroci, direttore dell’ospedale di Materdomini negli anni ’70. Infine, va menzionata la figura di Marco Levi Bianchini, psicoanalista arrivato a Nocera nel 1909, sostenitore del fascismo fino all’emanazione delle leggi razziali, che lo portarono alla destituzione dal suo ruolo di direttore. Nonostante ciò, a differenza di molti suoi familiari emigrati negli Stati Uniti, Bianchini rimase a Nocera. La sua vicenda evidenzia il drammatico contrasto tra il suo impegno politico e le tragiche conseguenze delle persecuzioni razziali.
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