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L’esodo dei giovani italiani in Gran Bretagna dopo la Brexit

Il 31 gennaio 2020, il Regno Unito ha concluso il suo percorso di uscita dall’Unione Europea, un evento che ha avuto un profondo impatto sulla numerosa comunità italiana residente nel paese. Nel 2019, si stimavano circa 330.000 italiani iscritti all’AIRE nel Regno Unito, con una consistente concentrazione a Londra. Tuttavia, questa cifra ufficiale è notevolmente inferiore alla realtà, che secondo le stime più accurate supera i 700.000, includendo coloro che non si sono mai registrati. La maggioranza di questi cittadini italiani ha meno di 44 anni, con una rilevante percentuale proveniente dal Sud Italia. Sebbene il flusso migratorio verso la Gran Bretagna si sia ridotto dopo il referendum sulla Brexit del 2016, un numero significativo di giovani italiani continua a vivere e lavorare nel Regno Unito. Abbiamo raccolto le testimonianze di alcuni giovani provenienti dalla provincia di Salerno, per comprendere le loro esperienze e prospettive alla luce della Brexit.

Ornella, 31 anni, di Nocera Inferiore, risiede e lavora a ovest di Londra da un anno e mezzo. Spiega che la scelta di trasferirsi, dopo un iniziale ritorno in Italia per completare gli studi, è stata dettata dalla difficoltà di costruire un futuro in Italia, dove le opportunità sono spesso legate a conoscenze e fortuna. In Gran Bretagna, invece, sottolinea la possibilità di progredire professionalmente anche partendo da lavori umili, a differenza dell’Italia dove la mobilità sociale appare più limitata. Nonostante la lontananza dalla famiglia, Ornella si dice soddisfatta della sua scelta, avendo completato già diversi lavori nel corso di un anno e mezzo. Riguardo alla Brexit, lei e il suo compagno hanno completato le pratiche burocratiche necessarie e non si sentono particolarmente preoccupati.

Monica, 30 anni, di Sant’Egidio del Monte Albino, vive a Londra da oltre sei anni. La sua preoccupazione principale riguarda l’incertezza sulle politiche future del governo britannico nei confronti dei cittadini europei residenti. Le misure annunciate, come l’introduzione di una soglia salariale minima per i permessi di lavoro, creano ansia e confusione. Monica ha aderito allo “EU Settlement Scheme” per ottenere lo “settled status”, ma ne riconosce la precarietà. Pur sognando un ritorno in Italia, Monica ritiene che le opportunità lavorative nel Regno Unito siano attualmente superiori a quelle disponibili nel suo paese d’origine, sottolineando la mancanza di supporto istituzionale dall’Italia.

Giovanni, 30 anni, anch’egli di Nocera Inferiore, vive in Inghilterra da quasi sei anni ed esprime preoccupazione per l’incertezza legata al “Settlment Status” e le possibili conseguenze della Brexit sulla mobilità e sul mercato del lavoro. L’interruzione del programma Erasmus e l’introduzione di nuove tasse doganali sono tra le sue principali preoccupazioni. Nonostante le opportunità lavorative in Inghilterra, Giovanni sta valutando un ritorno in Italia, attratto da uno stile di vita più equilibrato. Secondo lui, le amministrazioni locali italiane dovrebbero migliorare le prospettive occupazionali, promuovere la trasparenza e combattere la corruzione per invogliare i giovani a restare o tornare.

In definitiva, le testimonianze raccolte evidenziano le difficoltà e le opportunità affrontate dai giovani italiani in Gran Bretagna dopo la Brexit, mettendo in luce la necessità di un maggiore supporto istituzionale e di politiche che promuovano lo sviluppo economico e sociale nei territori di origine, per evitare il continuo esodo dei giovani.

Redazione

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