Il poeta Enzo Sorrentino offre ai suoi lettori un dono poetico domenicale, tre riflessioni intense sulle sfide esistenziali del ventunesimo secolo: l’isolamento, persino tra la gente, e la malinconia interiore. In un primo componimento, descrive l’esperienza sconcertante di una scomparsa silenziosa, un’assenza inosservata: “Svanito dalla terra, nel mio vuoto m’immergo, attonito. Nessuna parola, un grido vano; la triste verità emerge: da anni, nessuno mi cerca più. Solo un ricordo sbiadito, ingiallito resto.” Un secondo testo narra una fuga notturna, un allontanamento subdolo: “Notte stellata, un sorriso raggiante sul cielo; in silenzio, dal mio letto mi dileguo. L’angoscia per la reazione dei miei cari: entrano nella stanza, spaventati. La sorpresa: dopo nove giorni, nessuno mi ha cercato. Solo un piccolo gatto, al quale porto il cibo, con tre o quattro miagolii, ha versato una lacrima.” L’ultimo componimento, invece, è un lamento esistenziale, un’espressione di sofferenza profonda: “Notte vuota, senza speranza. Suoni rari, nel buio del letto. Quanto durerà quest’agonia? Una vita senza domani, priva di senso, di risposte ai mille perché. Quanto a lungo fingerò gioia, celando, sotto un sorriso, la malinconia straziante?”
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