Categories: Cultura & Spettacolo

L’Anfiteatro di Catania: Un Viaggio nel Tempo attraverso la Tecnologia

Nel II secolo d.C., durante l’impero romano, sorse nel cuore di Catania, nell’attuale Piazza Stesicoro, un imponente anfiteatro. La sua costruzione, databile probabilmente tra il regno di Adriano e quello di Antonino Pio, sfruttò la solida pietra lavica dell’Etna, arricchita da marmi e colonne, a testimonianza dell’eccellenza architettonica dell’epoca. Fonti storiche, come Cassiodoro, attestano il progressivo degrado del monumento già nel V secolo, quando il re ostrogoto Teodorico concesse al Senato catanese di utilizzare i blocchi già crollati per riparazioni urbane. Anche Ruggero II e gli Angioini, nei secoli successivi, utilizzarono la pietra lavica dell’anfiteatro per progetti edilizi, inclusi la cattedrale e le mura cittadine. Rappresentazioni grafiche di viaggiatori antichi confermano la visibilità del monumento prima delle calamità naturali che ne decretarono la definitiva sepoltura: l’eruzione dell’Etna del 1669 e il terremoto del 1693. Durante la ricostruzione barocca di Catania, le rovine dell’anfiteatro servirono persino come fondamenta per palazzi e i suoi cunicoli come fognature. Solo a metà del XVIII secolo, grazie agli scavi finanziati dal Principe Biscari, che lo definì “testimonianza suprema dell’antica grandezza catanese”, riemerse parzialmente alla luce. Ulteriori lavori di scavo, diretti dall’architetto Filadelfo Fichera a partire dal 1904, culminarono nella riapertura ufficiale nel 1907, alla presenza di Vittorio Emanuele III. Il monumento, però, subì un ulteriore periodo di abbandono e danni durante il secondo conflitto mondiale, utilizzato come rifugio durante i bombardamenti alleati. Oggi, solo una piccola parte della struttura originale, parte integrante del Parco archeologico di Catania, è visibile, mentre la maggior parte giace sotto gli edifici barocchi della zona. L’anfiteatro, con una circonferenza esterna di 309 metri, diametri di 125×105 metri, un’arena ellittica di 192 metri, 56 archi, 32 ordini di posti e un’altezza di 31 metri, poteva ospitare circa 15.000 spettatori seduti, con possibilità di raddoppiare la capienza con impalcature. Si ipotizza la presenza di una copertura e l’utilizzo dell’antico acquedotto e del fiume Amenano per riempire l’arena per le naumachie, combattimenti navali la cui effettiva presenza resta oggetto di dibattito. Oggi, grazie all’ITlab Ibam CNR, l’anfiteatro, con il suo inestimabile valore storico, è stato ricostruito virtualmente in 3D, restituendo agli etnei e al mondo la maestosità di questo gioiello del passato.

Redazione

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