La Corte di Cassazione ha stabilito che una copia cartacea di uno screenshot, pur senza attestazione ufficiale, costituisce prova valida in giudizio. Questa decisione, sancita nella sentenza n. 8736 del 2018, si basa sul principio che l’estrazione di dati informatici è un processo puramente meccanico, che non altera il contenuto originale. Pertanto, il giudice può acquisire e valutare liberamente tali prove documentali, derivanti ad esempio dalla riproduzione di contenuti web, senza necessità di certificazione preventiva. La sentenza, emessa nel contesto di una causa per diffamazione online, riflette la crescente rilevanza della tecnologia e dei social media nel panorama giudiziario. Tuttavia, la sentenza solleva interrogativi sull’attendibilità degli screenshot, vista la facilità con cui possono essere manipolati. Questo contrasta con una precedente decisione del 2017, dove la Corte ha richiesto l’esibizione del supporto originale per la verifica dell’autenticità di conversazioni WhatsApp, evidenziando la necessità di una maggiore chiarezza in materia di prove digitali, per garantire una valutazione giudiziaria più robusta e affidabile. La disparità di trattamento tra diverse tipologie di prove digitali mette in luce la complessità della questione e l’esigenza di linee guida più precise per l’ammissibilità e la valutazione delle prove informatiche nei procedimenti giudiziari.
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