Questa ricetta, nata per i monaci durante la Quaresima, rappresenta una delizia della tradizione napoletana. La “frittata di scammaro” trae origine da un aneddoto ottocentesco: eminenti esponenti del clero commissionarono allo chef e letterato Ippolito Cavalcanti, consulente culinario dei Borboni, un piatto privo di carne, ma saporito per il periodo di astinenza. Il termine “scammaro”, derivato da “scammarare” (opposto di “cammarare”, ovvero mangiare cibi grassi), indicava appunto la cucina magra dei monasteri. I monaci malati, per non disturbare i confratelli, consumavano i pasti in cella, da qui l’origine del termine. La ricetta originale di Cavalcanti, descritta nella sua “Cucina Teorico Pratica” (metà italiano, metà napoletano), prevedeva vermicelli, non uova, con un procedimento che utilizzava l’amido della pasta come legante. La sua descrizione, in dialetto napoletano, suggerisce di cuocere i vermicelli, saltandoli poi in padella con olio, alici, pepe, olive, capperi, pinoli e uva passa, creando una sorta di “torta” di pasta. Questa versione moderna ripropone lo spirito originale:
Ingredienti: 500 g di vermicelli; spicchi d’aglio a piacere; 150 g di olio extravergine d’oliva; 50 g di capperi; 100 g di olive nere denocciolate; sale e pepe q.b.; prezzemolo fresco; 2 acciughe dissalate; 50 g di uva passa; 50 g di pinoli.
Procedimento: lessate i vermicelli in acqua non troppo salata. In una padella, fate rosolare l’aglio nell’olio, poi eliminate l’aglio e unite olive, capperi, uva passa e pinoli. Dopo qualche minuto, incorporate le acciughe tritate, il pepe e il prezzemolo. Mescolate i vermicelli cotti al condimento e cuocete la frittata a fuoco vivace per 3 minuti, poi a fuoco più basso, spostando la padella per garantire una cottura uniforme. Aiutandovi con una forchetta e un piatto, girate la frittata per cuocere entrambi i lati. Servite tiepida. Buon appetito!
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