Priorità ai salari, non alle tasse: un imprenditore evita la condanna

Una sentenza della Corte di Cassazione (n. 6737/2018) ha stabilito che un datore di lavoro in difficoltà finanziarie non commette reato omettendo il versamento delle ritenute fiscali per garantire il pagamento degli stipendi ai dipendenti. Al centro del caso, un’imprenditrice che nel 2010, gestendo una società in crisi di liquidità, ha prioritariamente corrisposto le retribuzioni a oltre duecento dipendenti, anziché versare le imposte. La donna ha dichiarato di sentirsi moralmente obbligata a provvedere al sostentamento dei lavoratori e delle loro famiglie, un impegno ritenuto prioritario rispetto all’adempimento fiscale. La Corte Suprema ha accolto questa giustificazione, annullando la precedente condanna a un anno di reclusione inflitta dalla Corte d’Appello di Brescia. La Cassazione ha sottolineato l’assenza di dolo, elemento costitutivo del reato previsto dall’articolo 10 bis del decreto legislativo 74/2000. A differenza di quanto sostenuto dalla Corte d’Appello, l’imprenditrice non ha ammesso di aver scelto di pagare gli stipendi piuttosto che le tasse, ma di aver agito per un senso di responsabilità imprescindibile nei confronti dei suoi dipendenti. Tale mancanza di scelta esclude la consapevolezza dell’illiceità dell’azione. Inoltre, la Corte ha affermato che la punibilità di un imprenditore che, in una situazione di crisi, omette i versamenti fiscali per pagare i dipendenti, sarebbe in contrasto con la Costituzione, che tutela il diritto al lavoro e alla retribuzione.