La comunità di Nocera Inferiore piange la perdita di una figura stimata e amata. La scomparsa improvvisa di Carla Guarna Lamberti ha lasciato un vuoto incolmabile, un dolore profondo che si diffonde tra amici e familiari. Il ricordo di Carla, per chi l’ha conosciuta, è intriso di gioia e di un’eleganza discreta, un’eredità preziosa che resterà impressa nel cuore. La sua presenza, costante e rassicurante, era un punto fermo nella vita di molti, un’ancora in un mare di quotidianità. Conoscerla significava condividere momenti lieti, come le vacanze estive a Roseto Capospulico, dove le famiglie si riunivano, intrecciando legami profondi e duraturi. Le conversazioni con Carla e suo marito, il dottor Onofrio Lamberti, valente oculista, erano sempre stimolanti e arricchenti, lontane dalla superficialità dei rapporti mondani. La loro unione, una simbiosi di affetto e di intelletto, irradiava una luce speciale sulle figlie, Francesca e Cleo. L’irruenza del professor Lamberti trovava un perfetto contrappunto nella gentile ironia di Carla, creando un’atmosfera di serenità e di allegria contagiosa. In loro, ho sempre trovato incoraggiamento e sostegno, un’accoglienza sincera e priva di ipocrisia. La franchezza di Carla era un balsamo, in un mondo spesso dominato da apparenze e convenzioni. Questa genuinità si riflette nelle sue figlie: Francesca, brillante docente universitaria, e Cleo, la mia diabetologa, che, nonostante i miei peccati di gola, continuo a consultare. In loro, ritrovo le virtù che i genitori hanno saputo trasmettere, un esempio di come l’educazione possa forgiare caratteri nobili. Carla, con il suo profilo discreto, mai incline a vantare i successi delle figlie, rappresentava una rara eccezione in un contesto spesso ossessionato dalla competizione. Il suo umorismo, la capacità di trasformare aneddoti di vita quotidiana in momenti di spensieratezza, era ineguagliabile. Ricordo ancora, a distanza di decenni, l’episodio del passeggino che precipitava giù per la scalinata a Roseto. Lo spavento iniziale si è trasformato in un ricordo condiviso, una testimonianza della sua capacità di trasformare gli imprevisti in momenti di ilarità. Il suo sorriso, autentico e profondo, era il suo segno distintivo, un’eredità che ritrovo nei volti di Francesca e Cleo, e persino nel suo cugino, il professor Rosario Giuffrè, con il quale sto collaborando ad un progetto per la comunità di Nocera. Le parole di un vicino di casa la definiscono perfettamente: “Era una vera signora. Come lei, non ne nascono più”. Un ricordo struggente di una donna straordinaria, un’anima generosa, allergica alle vuote ostentazioni, un esempio di vera nobiltà in un mondo sempre più superficiale.
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