Un piatto popolare: la trasformazione delle Sarde a Beccafico

Nata dall’estro popolare palermitano, la ricetta delle Sarde a Beccafico rielabora un piatto aristocratico siciliano. Il nome evoca il beccafico, un passeriforme simile alla capinera, apprezzato per la sua carne tenera e saporita, soprattutto dopo aver banchettato con fichi estivi. I nobili siciliani, serviti da chef stranieri, preparavano questo volatile farcito, presentato con la coda rivolta verso l’alto per una comoda consumazione. Un lusso inaccessibile al popolo, che imitò la ricetta con un ingrediente più economico: le sarde. Le domestiche palermitane crearono un ripieno a base di mollica di pane, succo di agrumi (per mascherare l’odore ittico) e pinoli (anticamente considerati un antidoto alle intossicazioni alimentari, data la scarsa freschezza del pesce a disposizione delle classi più povere). Servite come i beccafichi, le sarde ebbero un successo strepitoso, tanto da diventare un piatto festivo ancora oggi apprezzato, sia come antipasto che come secondo, preferibilmente tiepido (ma ottimo anche freddo, mai caldo), accompagnato da un vino bianco secco. La ricetta presenta varianti regionali: la versione catanese prevede sarde marinate nell’aceto, farcite e fritte in pastella; quella palermitana le propone in forno, aromatizzate con agrumi e pangrattato; la variante messinese, infine, aggiunge capperi al ripieno e frigge le sarde. Ingredienti comuni alle diverse interpretazioni sono uva passa, pinoli, pangrattato. La pulizia delle sarde rimane costante: squamatura, eviscerazione, rimozione di testa e lisca, lasciando intatta la coda.