Un caso giudiziario presso il Tribunale di Macerata ha richiesto l’intervento di un esperto linguistico. Gli imputati, coinvolti in un procedimento per reati legati al traffico di stupefacenti, hanno dichiarato di non comprendere l’italiano, esprimendosi esclusivamente in napoletano. Il giudice Preziosi, di conseguenza, ha emanato un’ordinanza per la convocazione di un perito traduttore, un avvocato del foro di Macerata con origini campane, fissando l’udienza per il 14 luglio. Sebbene l’ausilio di interpreti sia prassi consolidata nei processi con imputati stranieri, questa circostanza rappresenta un caso inedito per l’utilizzo di un perito per la traduzione di dichiarazioni da parte di cittadini italiani. L’evento ha suscitato dibattito, interpretato da alcuni come un implicito riconoscimento del napoletano come lingua a sé stante, richiamando alla memoria la precedente classificazione dell’UNESCO che, seppur considerando il napoletano come un insieme di dialetti alto-meridionali (Campania, Abruzzo, Basilicata, sud del Lazio e delle Marche, Molise, Calabria settentrionale e Puglia, escluso il Salento), ne sottolineava l’importanza e la diffusione, giustificando la definizione di “lingua napoletana” con la sua storica associazione al Regno di Napoli. Il napoletano, parlato diffusamente a Napoli e provincia, presenta una ricchezza lessicale e fonetica significativa, influenzata da molteplici dominazioni storiche, rendendolo di difficile comprensione per chi non è familiare con la sua evoluzione.
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