Un’indagine basata sui “Facebook Files”, documenti riservati dell’azienda, svela un’allarmante realtà: a gennaio, i moderatori di Facebook hanno segnalato quasi 54.000 potenziali casi di revenge porn. Questa cifra spaventosa, frutto di un’analisi interna, comprende 51.300 casi di immagini o video a contenuto sessualmente esplicito diffusi con intenti vendettivi, più 2.450 episodi di sextortion, ovvero estorsioni a sfondo sessuale. In 33 dei casi esaminati, sono stati coinvolti anche minori, aggravando ulteriormente la gravità della situazione. Il lavoro dei moderatori, impegnati a setacciare un flusso continuo di contenuti, si è tradotto nella disattivazione di 14.000 account collegati a queste violazioni. Nonostante le linee guida aziendali, che consentono contenuti come baci appassionati o simulazioni sessuali pixelate, ma vietano le immagini esplicite segnalate, il revenge porn rappresenta una sfida costante e difficile da contrastare. La pervasiva natura di questo crimine, ampiamente documentata dai media, evidenzia la necessità di soluzioni più efficaci. Facebook, pur impegnandosi nella rimozione di questi contenuti, sembra ottenere risultati ancora scarsi. L’azienda spera di migliorare la situazione ricorrendo all’intelligenza artificiale, per impedire la diffusione virale di immagini offensive. La lotta contro questo fenomeno, dunque, prosegue con urgenza e con la consapevolezza della vastità del problema.
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