Un’analisi approfondita rivela un dato interessante: la crescente popolarità del sushi non sempre corrisponde a un genuino apprezzamento per questo piatto. Sebbene la cucina giapponese offra un’esperienza sensoriale unica, con sapori raffinati e combinazioni audaci – a volte sorprendenti, come il connubio tra pesce crudo e panna acida – la sua diffusione sembra aver assunto le sembianze di una tendenza. Mentre alcuni ne apprezzano la delicatezza e la complessità gustativa, altri lo consumano con una motivazione diversa.
Intervistando frequentatori assidui di ristoranti giapponesi, abbiamo scoperto una realtà inaspettata. Per molti, il sushi è diventato un simbolo di status, un elemento di stile da ostentare, un must nella scalata sociale. La preferenza per la pizza o la carbonara, piatti spesso più familiari e apprezzati, viene surclassata dall’esigenza di apparire al passo con le mode del momento.
L’obiettivo principale, dunque, sembra essere la condivisione sui social media. L’immagine di un pasto a base di sushi, perfettamente allestito e fotografato, diventa un potente strumento di affermazione sociale, un modo per ottenere approvazione tramite i “like”. Di conseguenza, l’arte di gustare il sushi si trasforma, in molti casi, nell’arte di *simulare* di apprezzarlo. La priorità non è più il piacere culinario, ma la performance digitale. In definitiva, la domanda da porsi non è tanto se il sushi sia effettivamente squisito, quanto piuttosto se la sua pervasiva presenza nella nostra cultura alimentare rifletta un autentico gusto o una semplice, e forse effimera, tendenza.
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