La Corte tributaria regionale della Toscana ha stabilito, nella sentenza n. 499 del 2017, che la proprietà di una prima casa e di un veicolo non costituisce indice di maggiore capacità contributiva, escludendoli pertanto dal calcolo del reddito ai fini fiscali. Questa decisione invalida l’utilizzo di tali beni come parametri nel metodo del redditometro, strumento impiegato dall’Agenzia delle Entrate per individuare l’evasione fiscale. La motivazione risiede nella diffusa accessibilità di questi beni, che li rende di possesso comune, piuttosto che indicatori di ricchezza. La semplice titolarità di una casa e di un’auto di valore ordinario non giustifica, quindi, una presunzione di maggiori entrate. Di conseguenza, un accertamento fiscale basato unicamente su questi elementi è illegittimo, salvo in presenza di palesi discrepanze tra i redditi dichiarati e gli acquisti effettuati (ad esempio, veicoli di lusso). La sentenza, emanata in seguito al ricorso dell’Agenzia delle Entrate contro due avvisi di accertamento, riguarda un caso specifico che includeva una vettura e una moto usate di modesto valore, oltre a quote ereditarie e acquistate di immobili. La sentenza fa esplicito riferimento alla circolare ministeriale del 14 agosto 1981, n. 27/7/2648, riaffermando l’irrilevanza della prima casa, in quanto bene necessario, e di autoveicoli di valore contenuto, data la loro diffusione capillare.
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