La chiusura del panificio Izzo di Nocera Inferiore, prevista per il periodo post-pasquale, segna la fine di un’epoca. Al suo posto, si vocifera l’apertura di un negozio di surgelati, un’ulteriore perdita per il patrimonio storico e culturale della città. Come la “madeleine” di Proust, le brioches di Izzo Ciro evocavano ricordi e sensazioni profonde negli abitanti di Nocera, una dolce connessione con il passato ora destinata a svanire. La notizia, appresa dalla sorella dell’autrice, ha suscitato un’ondata di nostalgia e malinconia. La chiusura del panificio è percepita come una perdita personale, paragonabile alla scomparsa di un caro amico di una vita.
L’immagine del signor Izzo, proprietario del negozio, riemerge dalla memoria: un uomo minuto, dai capelli radi e bianchi, sempre sorridente e disponibile con i clienti. La narratrice ricorda vagamente la sua affermazione di essere stato alunno del suo bisnonno, forse confondendolo con altri personaggi del suo passato, come il pasticciere Alfonso Vitolo. I prodotti del panificio, dalle freselle ai “nicchi nacchi” (biscotti a forma di lettere o animaletti che contribuirono all’apprendimento della lettura della narratrice), sono simbolo di un’infanzia spensierata. Le brioches di Izzo, in particolare quelle a spirale, rappresentavano uno status symbol per i bambini di Nocera, distingueva chi poteva permettersele da chi no.
La narratrice ricorda le sue preferenze alimentari: la repulsione per il pane e mortadella delle compagne meno abbienti, in contrasto con l’attrazione della sorella per lo stesso prodotto. Altri ricordi infantili includono la proibizione di gustare la cotognata, nonostante la generosità di regali natalizi ricevuti dalla “Romanella”, azienda conserviera di cui il nonno era stato consulente.
Quattro generazioni hanno contribuito alla storia del panificio Izzo: il signor Ciro, poi la figlia e il genero (forse Iole e Annibale Amodio?), e infine il figlio Nino e la moglie. Negli ultimi anni, la giovane Iole, con il suo sguardo dolce e il suo sorriso, accoglieva i clienti fedeli. La chiusura del forno, pur comprensibile data la difficoltà di gestione e la competitività del mercato, rappresenta un’amara perdita. Questa nostalgia, in realtà, riflette la consapevolezza del trascorrere del tempo e del nostro inesorabile invecchiamento, il desiderio di conservare intatta la memoria e la tradizione.
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