L’amara verità della povertà estrema

L’amara verità della povertà estrema

Con il passare degli anni, la memoria accumula aneddoti e ricordi da tramandare alle generazioni future, un tempo narrati oralmente, non certo tramite internet. Un episodio, in particolare, mi preme condividere (e a proposito di “sovvenire”, si dice che Manzoni, per prendere in giro i puristi della lingua, dopo aver usato questo verbo di origine francese, si scusò con un “non sovvenendomi altro, ho usato il sovvenire”). Non ricordo se l’ho già narrato; se così fosse, “repetita iuvant”. Nel 1997, anno della mia elezione a sindaco, già durante la campagna elettorale, e ancor più nei primi giorni del mandato, mi resi conto dell’ampiezza delle aree di deprivazione economica nella nostra città, e non solo. Parlo di famiglie che non avevano cibo per i propri figli né vestiti caldi per l’inverno. Ebbene sì, erano molte, e non potevo ignorare il loro bisogno. Allora, decisi di stanziare nel bilancio una modesta somma (se ricordo bene, due milioni di lire dell’epoca), che chiamai “Fondo per l’estrema indigenza”, gestito personalmente e in modo discreto. Quando mi venivano segnalate situazioni di necessità urgenti – cosa frequente – dopo aver verificato la veridicità tramite i servizi sociali e la polizia municipale, potevo intervenire in aiuto. Non si trattò di un’iniziativa segreta, ma non la pubblicizzai eccessivamente, per evitare pretese eccessive e per evitare di strumentalizzare le disgrazie altrui. La vera povertà è dignitosa e si vergogna di mostrarsi. Un giorno, organizzai un pranzo per i bisognosi insieme al vescovo Illiano: parteciparono solo tre o quattro famiglie. Quando i consiglieri di Forza Italia, che costituivano la mia maggioranza, cominciarono a lamentarsi che non avevano spazio per “fare politica” – ossia accrescere la propria visibilità e i voti – e che io li ostacolavo, spiegai loro la mia concezione di “fare politica”, legata all’assistenza per l’estrema indigenza. Non furono d’accordo e mi sfiduciarono. Così andarono le cose. Venti anni dopo, la situazione è molto peggiorata: la gente ha bisogno d’aiuto, tutti abbiamo bisogno d’aiuto. Eppure, osservo con sgomento i “politici” litigare sulla segreteria del PD, sulle primarie e sulle elezioni, trasformare la tragedia di dj Fabo in uno spettacolo mediatico, in una guerra di potere tra chi vuole una legge e chi no, tra sentimenti cattolici e ideologie razionaliste, tutto per conquistare consenso e voti, per uno scopo che nessuno sembra capire, dato che il potere politico, a tutti i livelli, non ha più potere, né risorse, né influenza, non fa né paura né attrae. E’ ridotto a semplici apparizioni nelle aule giudiziarie. Quello di cui avremmo bisogno è una profonda rigenerazione morale, ma la storia insegna che le trasformazioni radicali dei popoli raramente avvengono senza spargimento di sangue. Perciò, rassegniamoci alla realtà.