L’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti d’America ha suscitato reazioni a catena a livello globale, generando un’ondata di incertezza e timori. La nomina del 45° presidente americano ha sollevato interrogativi sul suo effettivo operato a capo della Casa Bianca, sebbene alcuni osservatori si attendano un approccio meno radicale rispetto alla sua campagna elettorale. L’impatto geopolitico di questa elezione è già palpabile: il primo ministro ungherese Viktor Orbán, ad esempio, si sente ulteriormente legittimato nel suo distacco dall’Unione Europea, trovando un’improvvisa sponda nella nuova amministrazione statunitense. Il presidente francese François Hollande ha pubblicamente espresso preoccupazione per l’avvento di un’era di instabilità. Al contrario, Vladimir Putin ha salutato l’evento con entusiasmo, prefigurando un miglioramento nelle relazioni bilaterali. Un’analoga soddisfazione permea le file delle destre europee, con Marine Le Pen e altri leader che celebrano la vittoria. Anche Recep Tayyip Erdoğan e il primo ministro indiano Narendra Modi hanno accolto favorevolmente il risultato elettorale. In Europa, Germania e Bruxelles esprimono profonda inquietudine. Anche la situazione economica globale desta preoccupazioni, considerata l’influenza dell’economia americana sul resto del mondo. Il debito pubblico federale americano, che ha toccato i 19.200 miliardi di dollari nel 2016 (circa il 105% del PIL, contro i 9.200 miliardi del 2007, pari al 65% del PIL), rappresenta una sfida considerevole. La Cina detiene da sola 1.250 miliardi di questo debito, seguita dal Giappone con 1.133 miliardi. Il futuro dell’economia statunitense, e di conseguenza dell’economia mondiale, resta incerto. Sul piano interno italiano, il Movimento Cinque Stelle, con Beppe Grillo in testa, ha interpretato l’elezione di Trump come una vittoria del “vaffa” al sistema. Matteo Salvini ha fatto eco a questa interpretazione. Il premier Matteo Renzi, inizialmente preparato a congratularsi con Hillary Clinton, si trova ora ad affrontare una situazione politica complessa, costretto ad adattarsi alla nuova realtà, in quanto l’Italia rimane fortemente dipendente dagli Stati Uniti.
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