Tra Ottocento e metà Novecento, l’area dell’Agro nocerino-sarnese presentava un panorama lavorativo peculiare, con professioni oggi quasi del tutto dimenticate, sebbene alcune attività analoghe persistano sotto nomi moderni. La popolazione era prevalentemente agricola, dedita a colture di alta qualità. Numerosi artigiani, invece, si dedicavano a professioni oggi scomparse. Tra queste, ricordiamo l’acconcia-sedie, specializzato nella riparazione di sedie; il canestro, fabbricante di cesti e oggetti di vimini; il castagnaro, venditore ambulante di castagne, spesso presente vicino alle osterie, dato l’abbinamento classico tra caldarroste e vino. Quest’ultimo talvolta offriva anche “allesse e palluottele”, castagne lessate in brodo con alloro, sale e finocchio. Altri artigiani erano il conciambrelli (riparatore di ombrelli), il gravunaro (venditore di carbone) e l’acconciapiatti, che girava di casa in casa aggiustando la ceramica danneggiata. La lavandaia, o lavannara, raccoglieva e lavava i panni sporchi usando sapone e cenere; il lattaro ritirava il latte fresco dalle fattorie per poi distribuirlo a domicilio. L’antesignana della baby sitter era la mammazezzella, che si occupava della cura, talvolta anche dell’allattamento, dei bambini altrui. Il verajuolo, o erborista ante litteram, vendeva rimedi naturali. Il lustrascarpe, figura resa celebre dal film “Sciuscià” di Vittorio De Sica, era un’immagine comune nelle strade. Infine, professioni meno nobili come quella del latrenaro, o merdaiuolo, incaricato della pulizia dei pozzi neri, con successiva vendita del materiale raccolto come concime ai contadini.
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