Affermo il mio voto a favore. Non ho dubbi né intendo persuadere altri; pertanto, eviterò lunghe giustificazioni. Chi ritiene che il voto, referendario o elettorale, debba essere ponderato razionalmente, dimostra un lodevole senso civico, ma anche una notevole ingenuità. Crede, erroneamente, che le scelte elettorali siano frutto di ragionamento. In realtà, sono guidate da emozioni: timori, speranze, simpatie, antipatie, interessi, risentimenti, suggestioni. Insomma, la decisione nasce dall’istinto, non dalla ragione. È così, anche se potrebbe sembrare scorretto. La prova? Chi mi ha spiegato il proprio voto contrario, ha motivato la scelta con la sua avversione per Renzi (e non solo: ho ascoltato analoghe argomentazioni su Raggi, Bersani o Mattarella, con un sessismo implicito che mi ha infastidito). Ma cosa c’entra? Renzi stesso ha dichiarato che il risultato non influenzerà le sue decisioni. Anche io avrei preferito una riforma costituzionale diversa: abolizione del Senato e delle Regioni, sistema elettorale maggioritario uninominale, elezione diretta del Presidente del Consiglio, ridimensionamento dell’autonomia della magistratura, riforma dei partiti e dei sindacati. Tuttavia, analizzare nel dettaglio i singoli punti è inutile: innanzitutto, per la ragione sopracitata; in secondo luogo, perché è impossibile rendere comprensibili questi aspetti alla maggioranza degli elettori, con un livello di istruzione medio basso; in terzo luogo, perché qualsiasi proposta troverà sempre chi la critica; infine, perché non ho intenzione di avviare un dibattito. Ricordo un episodio da sindaco: posizionai una fontanella provvisoria in attesa dei lavori stradali, e un architetto si lamentò della sua bruttezza. Io risposi: “Sono il sindaco, a me piace, e l’ho posizionata. Se non le piace, candidati e la cambierai lei”. Ho trovato disarmante sentire un giurista del calibro di Zagrebelsky (pur appartenente a un ambiente intellettuale di sinistra, spesso teorico e inconcludente) paventare una “deriva autoritaria”. Non capisce che i dittatori non sono creati dalle forme costituzionali, ma viceversa. La forma istituzionale, talvolta, rimane invariata, come avvenne con lo Statuto Albertino. Quindi, perché voto sì? Perché la nostra Costituzione è frutto di compromessi, tra cui la costituzionalizzazione dei Patti Lateranensi in cambio del sistema consociativo; perché la riforma tenta di restituire allo Stato parte della dignità perduta a causa delle autonomie locali e delle strutture internazionali; e perché preferisco chi agisce a chi si limita a discorsi filosofici. Aldo Di Vito [email protected]
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