Appellativi infantili bizzarri: i limiti della libertà parentale

In Italia, l’assegnazione di nomi inusuali ai neonati è in costante aumento. Questa tendenza, seppur frutto di fantasia genitoriale, incontra i confini imposti dalla legge, che vieta appellativi potenzialmente umilianti o oggetto di scherno per il bambino. La scelta del nome, primo elemento identificativo di un individuo nella sua vita sociale, è cruciale e spesso i genitori, trascinati da mode effimere o dalla creatività, scelgono nomi inusuali. Esempi recenti includono appellativi ispirati a marchi commerciali (Apple), personaggi famosi (Belen, Rihanna), o figure mitologiche (Thor, Xena). Alcune combinazioni di nome e cognome, inoltre, possono risultare volgari o inappropriati, come dimostrano casi come Perla Madonna o Angelo Della Morte. La giurisprudenza interviene per bilanciare la libertà di scelta dei genitori con la tutela del minore. L’articolo 34, comma primo, del D.P.R. 396/2002 vieta esplicitamente l’assegnazione di nomi ridicoli o vergognosi, al fine di prevenire possibili discriminazioni e difficoltà di integrazione sociale. Un precedente giudiziario significativo è rappresentato dalla sentenza del tribunale di Genova, che ha ordinato la rettifica del nome “Venerdì” in “Gregorio”. Il giudice ha motivato la decisione con il riferimento al personaggio di Robinson Crusoe, associando il nome a connotazioni negative di inferiorità e sfortuna. I genitori, al contrario, hanno sostenuto che tale interpretazione è legata al contesto storico e culturale del romanzo e non alla realtà attuale, citando esempi di nomi comuni ispirati a giorni della settimana o ad elementi religiosi. La legge, pur garantendo la libertà di scelta, si appella al buon senso genitoriale, invitando a riflettere attentamente prima di assegnare un nome che possa esporre il figlio a derisioni future.