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L’accesso all’acqua pubblica: un percorso sempre più impervio

Il costo dell’acqua potabile per le famiglie italiane è aumentato considerevolmente negli ultimi anni. Nel 2015, secondo i dati dell’Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanza Attiva, la spesa media pro capite ha raggiunto i 376 euro, registrando un incremento del 61,4% rispetto al 2007 e del 5,9% rispetto all’anno precedente. Questa situazione, aggravata da controversie sulla gestione del servizio idrico, come il caso della trasformazione dell’Ausino in azienda speciale consortile e la contestata presenza di Gori, solleva interrogativi cruciali. L’AGCOM ha recentemente approvato la suddetta trasformazione, riaccendendo il dibattito e spingendo i comitati cittadini a chiedere al sindaco Servalli di assumersi la guida del processo, in linea con gli impegni presi. La privatizzazione del servizio idrico, secondo le parole di Stefano Rodotà su Repubblica, potrebbe minare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni, alimentando disaffezione e screditando i processi democratici. La crisi del settore, frutto di decenni di inefficienze nella gestione pubblica, richiede ingenti investimenti per ammodernare le infrastrutture. La rete idrica italiana presenta perdite significative (circa il 37%, con punte del 43% nel sud), manca di adeguati impianti di depurazione e soffre di una manutenzione insufficiente o addirittura assente in alcune aree. Nel 2012, l’Autorità per l’energia stimava in 65 miliardi di euro l’investimento necessario per risolvere queste problematiche nel corso di 30 anni. Se da un lato è innegabile l’inadeguatezza della spesa pubblica e l’aumento vertiginoso delle tariffe, dall’altro è altrettanto vero che la gestione pubblica ha tollerato abusi da parte dei cittadini, quali il mancato pagamento e il consumo eccessivo di acqua, situazioni che persistono ancora oggi. La soluzione ottimale, come dimostrato dal Comune di Napoli, potrebbe risiedere nell’affidamento della gestione dell’acqua a società pubbliche efficienti, trasparenti e sottoposte a rigorosi controlli, anziché ricorrere a soluzioni private che non necessariamente risolvono il problema degli abusi.

Redazione

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