L’attuale stagnazione economica e la persistente deflazione in Europa sembrano resistere persino agli stimoli del quantitative easing della BCE. Per invertire questa tendenza, una possibile strategia potrebbe coinvolgere la Banca Centrale Europea nell’assorbimento del debito pubblico sovranazionale che supera il 60% del PIL. Gli esperti concordano sulla necessità di incrementare la domanda interna per rilanciare la crescita. Il quantitative easing, pur iniettando liquidità nel sistema tramite le banche, non ha ancora raggiunto l’obiettivo di stimolare investimenti aziendali e aumenti salariali, rimanendo inefficiente nel contrastare la deflazione, un circolo vizioso tra calo dei consumi e prezzi in ribasso. Per superare questo impasse, si potrebbe considerare un approccio innovativo: un’apertura di credito automatica per i contribuenti, proporzionale alle imposte versate nell’anno precedente, a un tasso di interesse fissato dalla BCE, tenendo conto del target di inflazione (attualmente al 2%). Questo meccanismo compenserebbe, almeno in parte, la svalutazione del risparmio privato, dato che la BCE ha di fatto assunto il ruolo di principale fornitore di liquidità per l’economia. Considerando che la maggior parte del risparmio nazionale è detenuta dai cittadini, questo intervento appare giustificato, anche alla luce della potenziale necessità di rivedere l’articolo 47 della Costituzione, incentrato sulla tutela del risparmio. In parallelo, ritengo fondamentale un’azione a livello europeo per trasferire alla BCE il debito pubblico eccedente il 60% del PIL dei Paesi membri, un passo cruciale per una crescita sostenibile. Questa misura straordinaria, applicabile a tutti i paesi dell’Eurozona con un rapporto debito/PIL superiore al 60%, dovrebbe essere accompagnata dalla nomina di un Ministro europeo del Tesoro e delle Finanze, con ampi poteri decisionali sulle politiche fiscali e di spesa comunitarie. Questo Ministro, in accordo col Parlamento europeo, avrebbe la facoltà di emettere Eurobond per finanziare investimenti nelle aree ad alta disoccupazione e con carenze infrastrutturali. Solo così potremmo valutare concretamente la reale volontà di realizzare una profonda trasformazione e raggiungere l’obiettivo degli “Stati Uniti d’Europa”.
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