La Corte di Cassazione ha stabilito che la mancata consumazione del matrimonio costituisce violazione dei doveri coniugali. Questo diniego, secondo la sentenza, può legittimare una relazione extraconiugale e l’abbandono del domicilio coniugale. Una donna, a seguito di un “sciopero sessuale” iniziato dopo la nascita di suo figlio nel 2000, si è vista negare dal tribunale di Pescara l’addebito della separazione al marito, che aveva intrapreso una relazione con un’altra donna. Il giudice ha respinto la richiesta di addebito e risarcimento danni, ritenendo la moglie responsabile del fallimento del matrimonio per aver violato il dovere coniugale di intimità fisica. Questa decisione è stata confermata in appello e in Cassazione (ordinanza n. 2539/2014). La Suprema Corte ha ribadito che l’infedeltà e l’abbandono della casa familiare sono generalmente causa di addebito della separazione, a meno che non siano conseguenza di una condotta inaccettabile dell’altro coniuge che rende insostenibile la convivenza. La Corte ha sottolineato che l’addebito richiede la dimostrazione del legame causale tra la violazione dei doveri coniugali e l’intollerabilità della vita comune. In questo caso, la moglie non solo non ha provato l’infedeltà del marito, ma è stata ritenuta responsabile della crisi matrimoniale, con conseguente condanna al pagamento di parte delle spese processuali.
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