Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha suscitato perplessità: la diffusione di contenuti pedopornografici è punibile solo se realizzati da persone diverse dal minore ritratto. La legge sulla pornografia minorile (art. 600 ter del Codice Penale, introdotto nel 1998 per contrastare lo sfruttamento sessuale dei minori) ha subito modifiche a causa di diverse interpretazioni. Una recente decisione (n. 11675) del Tribunale per i minorenni dell’Abruzzo ha chiarito un punto controverso. Il caso riguardava una minorenne che, dopo aver scattato foto intime, le aveva condivise con amici, che le hanno poi diffuse. La Corte ha ribadito che il primo comma dell’articolo 600 ter punisce chi produce materiale pedopornografico usando minori, mentre il quarto comma sanziona la cessione di tale materiale. In linea con precedenti sentenze delle Sezioni Unite (2000) e le convenzioni internazionali ratificate dall’Italia, la Corte ha stabilito che l’articolo 600 ter si applica solo se l’autore del materiale è diverso dal minore ritratto, indipendentemente dal profitto e dal consenso del minore. Se il minore crea autonomamente e consapevolmente le immagini, i requisiti di “alterità” e “diversità” non sussistono. La condanna per cessione di materiale (comma quattro) si applica solo se il cedente è diverso dal minore rappresentato. La sentenza solleva preoccupazioni sull’efficacia della legge nel contrastare la pedopornografia, evidenziando la necessità di educare i giovani alla consapevolezza dei rischi legati alla condivisione online di immagini intime.
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