La Corte di Cassazione ha prosciolto un uomo di 39 anni originario di Messina, precedentemente condannato per evasione dagli arresti domiciliari. Il caso, oggetto della sentenza n. 44595 del 2015, ruota attorno alla scelta dell’uomo di lasciare la propria abitazione a seguito di una forte discussione con la moglie, contattando immediatamente i Carabinieri per farsi arrestare e scontare la pena in carcere. La decisione di primo grado, che prevedeva quattro mesi di reclusione (art. 385 c.p.), fu confermata in appello, sulla base del principio che la motivazione dell’evasione non incide sulla sussistenza del reato. L’uomo, però, ricorse in Cassazione, sostenendo l’assenza del reato. La Corte Suprema ha accolto il ricorso, ribadendo che l’obbligo del detenuto domiciliare è quello di permanere nel luogo assegnato senza autorizzazioni. Questo obbligo, a carattere cautelare, garantisce i controlli delle autorità. Tuttavia, la Cassazione ha giudicato irrilevante l’infrazione commessa dall’uomo, considerando la sua immediata autodenuncia e la disponibilità a sottoporsi a una misura cautelare più severa. Essendo stato trovato nei pressi della sua residenza in attesa dei Carabinieri, la sua condotta non ha in alcun modo ostacolato i controlli. Pertanto, l’atto di evasione è stato considerato privo di reale offensività.
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