Il Tempo, Nemico Inesorabile

Fino a poco tempo fa, consideravo la morte la più terribile invenzione del Creatore. Immaginata come un’entità oscura e ripugnante, un enigma insondabile per l’umanità, è stata oggetto di innumerevoli tentativi di esorcismo, con sepolture elaborate e imbalsamazioni che cercavano di simulare la continuità della vita. L’idea stessa della morte è stata spesso negata, sostituita da credenze in un’esistenza ultraterrena, di beatitudine e contemplazione, culminante in un giudizio universale, una contraddizione flagrante rispetto al comandamento “Non giudicate”. Questa “morte corporale”, spesso presentata come punizione per la disobbedienza divina e il peccato originale, pareva essere una conseguenza delle nostre azioni: la trasgressione, resa possibile dalla proibizione stessa. Ma questa è un’altra storia, un argomento che richiederebbe una trattazione ben più ampia. Recentemente, stranamente avvicinandosi il termine della mia esistenza terrena, ho cambiato prospettiva. Con il passare degli anni, ho osservato come il mondo si trasformi, divenendo estraneo e incomprensibile, soprattutto in questi tempi di rapidi mutamenti che coinvolgono luoghi, persone, eventi, culture e mentalità. Ci sentiamo sempre più distanti, incapaci di comprenderci reciprocamente, nonostante i tentativi di trovare un terreno comune. Considero il divario generazionale tra genitori e figli, dove ciò che per noi appare crudele è per loro naturale, rendendo difficile chiedere aiuto o conforto; non parlo solo dei grandi crimini del passato, ma del male insidioso del quotidiano: egoismo, cinismo, avidità, indifferenza, un’assenza di sentimenti autentici, se non per mascherare le relazioni, spesso impersonali e distruttive. Osservo la palude della vita politica e civile, dove i governanti ignorano i bisogni del popolo e i governati si consolano con parole vuote come “libertà” e “democrazia”, in una società tecnologicamente avanzata che si sta avvicinando a scenari orwelliani; vedo l’impero del capitalismo finanziario che omologa il mondo, cancellando le diversità e il pensiero individuale per creare un’unica massa di consumatori; vedo la fine dell’arte, della poesia, della musica, soppiantate dalla tecnologia. E molto altro ancora che rende l’esistenza intollerabile. Non che tutto questo sia nuovo, ma ora… Forse aveva ragione Lui. Il male non è la morte, ma la prospettiva di continuare a vivere in un mondo che non riconosciamo e che non ci riconosce, un processo che forse ci prepara all’accettazione, se non al desiderio, della fine. Forse l’invenzione più insensata non è la morte, ma il Tempo. Aldo Di Vito [email protected]