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L’ipocrisia della fede: violenza e potere nel nome di Dio

Ignorando le reiterate frasi fatte e le banalità diffuse dai media sulla crisi geopolitica dell’Asia centrale – guerra o pace, integrazione o espulsione, accoglienza o rifiuto, musulmani o islamisti – e dopo le consuete condanne per le decapitazioni e gli attacchi terroristici, nonché la pietà per le vittime e i rifugiati che fuggono da massacri, persecuzioni e fame, desidero evitare qualsiasi accusa di apologia del terrorismo o di razzismo, e quindi proporre alcune riflessioni su eventi passati, correlati alla situazione attuale. Dubito che le religioni siano la causa principale dei conflitti tra Oriente e Occidente (intese come le aree geografiche a est e ovest di Istanbul), conflitti antecedenti alle principali religioni monoteiste. Basti ricordare la guerra di Troia, le invasioni persiane in Grecia, le conquiste di Alessandro Magno, l’Impero Romano, gli Unni, la guerra gotica, l’espansione islamica in Sicilia e Spagna, le Crociate, la Reconquista, l’Impero Ottomano, e il colonialismo legato all’estrazione di petrolio. Le religioni hanno invece spesso mascherato le vere motivazioni dei conquistatori: potere, prestigio e ricchezza (terre, beni, denaro, schiavi, donne). La religione nasce dalla necessità umana di invocare entità superiori per ottenere potere e vittoria sulla natura, sulle calamità, sulle malattie, sulla morte e sui nemici. Funziona anche come strumento di propaganda e stimolo per affrontare la morte, promettendo una vita migliore nell’aldilà. Un paradiso, per i musulmani, non spirituale e contemplativo come quello dantesco, ma ricco di piaceri terreni. La Prima Crociata (1096-1099), indetta da Papa Urbano II su richiesta dei cristiani d’Oriente e propagandata da Pietro l’Eremita con lo slogan “Dio lo vuole”, offriva l’indulgenza plenaria. I crociati, prevalentemente francesi e belgi, dopo aver conquistato Antiochia e Gerusalemme, massacrarono indiscriminatamente la popolazione musulmana ed ebraica, decine di migliaia di inermi. I massacri durarono giorni, lasciando i crociati esausti, fino alle caviglie nel sangue delle vittime. Prima di ciò, le tre religioni coesistevano pacificamente a Gerusalemme. Quindi, “non si uccide in nome di Dio”? Certo, accaduto mille anni fa. Ma qualcuno potrebbe ricordare e volere vendetta. Noi lo abbiamo fatto per primi, quando ci sentivamo forti; ora, sentendoci deboli (non militarmente, ma spiritualmente, culturalmente e moralmente), diciamo che non si fa più. I nostri nuovi idoli sono il dollaro e internet, nel cui nome non si muore, né si vince. Aldo Di Vito [email protected]

Redazione

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