L’approvazione della nuova legge regionale sul servizio idrico integrato, avvenuta il 16 novembre, ha gettato nel caos il settore. Il testo del provvedimento, ancora inedito, è al centro di aspre controversie, alimentate dall’assenza di trasparenza e dalla forte opposizione di comitati cittadini e rappresentanti politici. La situazione è ulteriormente aggravata da una mora di 92 milioni di euro inflitta alla Gori dalla Regione Campania. Le proteste si concentrano sulla presunta privatizzazione “strisciante” del servizio, con l’accusa rivolta al Governatore De Luca di aver tradito le promesse elettorali e di aver creato un nuovo, ingombrante ente di gestione, simile alla Gori. Queste accuse sono state reiterate da numerosi manifestanti, circa cinquemila, che hanno partecipato ad una marcia di protesta a Napoli il 28 novembre, chiedendo un confronto con il Governatore e reclamando il diritto all’acqua pubblica. La manifestazione, alla quale hanno partecipato anche padre Alex Zanotelli, il sindaco di Napoli Luigi De Magistris e trenta sindaci campani, ha sottolineato la forte opposizione popolare alla legge e alla mancanza di partecipazione democratica. Al centro del dibattito c’è il modello di gestione: società pubbliche, in linea con il referendum del 2011, oppure società a partecipazione pubblica ma gestite con logiche privatistiche? L’attuale situazione vede un solo gestore pubblico effettivo, l’ABC di Napoli (ex ARIN), minacciato di privatizzazione, mentre la maggior parte dei 520 comuni campani affidano il servizio a società di fatto private, come la Gori, cui aderiscono 76 comuni dell’ATO 3. La nuova legge, di fatto, sembra escludere una reale pubblicizzazione del servizio, acuendo le preoccupazioni e le tensioni già elevate.
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