La condanna richiesta per Erri De Luca, ex membro di Lotta Continua, nel caso della TAV, non è ancora definitiva. Tuttavia, una condanna morale è già stata emessa da parte di alcuni settori dell’establishment culturale. La questione non riguarda solo la libertà di parola, ma anche la libertà di un individuo di affermare e di non rinnegare il proprio passato. A differenza di molti suoi ex compagni, De Luca non ha occultato la sua militanza, rifiutando di presentarla come un errore giovanile. Pur potendo non apprezzare la sua scrittura – pur se stilisticamente raffinata e meritevole di studio – è innegabile la coerenza intellettuale e la fermezza di De Luca, un uomo che non ha mai compromesso i suoi principi. Questa sua integrità, persino autolesionista, non gli viene perdonata. La LTF, la società incaricata della costruzione della TAV in Val di Susa, ha evidentemente sottovalutato la resistenza locale e ha individuato in De Luca un capro espiatorio, tentando di applicare una strategia del tipo “colpirne uno per educarne cento”. Questo approccio, pur discutibile, risulta comprensibile alla luce della difficoltà dell’impresa. Sorprende però la silenziosa complicità, l’assenza di solidarietà non solo da parte degli ex compagni, oggi influenti personaggi, ma anche da parte dei colleghi intellettuali. Un silenzio assordante, che lascia presagire ulteriori episodi di questo genere.
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