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Il Lutto Silenzioso di Sarno: Un Ricordo Incancellabile

Un peso inaspettato m’oppresse ieri, un’ombra sulla giornata quasi estiva. Non riuscivo a godere del mio lavoro, nonostante la solita gratitudine che mi sostiene nei momenti difficili. La data sul telefono fece luce sulla mia malinconia: il 5 maggio. Il mio subconscio aveva preceduto la memoria. Mi ritrovai catapultata nel dolore del 6 maggio 1998. Lavoravo per il primo governo Prodi, e le notizie arrivarono rapide, accompagnate da telefonate angosciate dalla mia famiglia nell’Agro Sarnese Nocerino. Una pioggia incessante devastava la regione; in sole tre giorni, caddero 260 millimetri di pioggia. La situazione era drammatica a Sarno, e, successivamente appresi, a Siano, Bracigliano (Salerno), Quindici (Avellino) e San Felice a Cancello (Caserta). Strade bloccate, un boato notturno ad Episcopio annunciò la catastrofe: due milioni di metri cubi di fango travolsero la frazione, inghiottendo l’ospedale “Villa Malta”, medici, infermieri e pazienti. Diciasette anni dopo, con Legambiente che denunciava l’immutata situazione di Sarno, sentii il dovere di ricordare quei giorni, quel terrore, la consapevolezza del disastro. Tra le 137 vittime, una mi è particolarmente cara, e mi sento egoista a focalizzarmi su un singolo lutto, ma la mia vita è intrecciata a quella di Maurizio Marino, medico all’ospedale di Sarno. Spesso mi sono chiesta: “Perché lui, e non io?”. Lui, così altruista, dedito alla comunità, con l’idea di fare volontariato in Africa, con tre figli piccoli, una moglie straordinaria che li ha cresciuti da sola. Maurizio, anima delle associazioni di volontariato e delle iniziative parrocchiali, era parte integrante della mia vita da bambini. A Nocera Inferiore, le vecchie famiglie si conoscono; la madre di Maurizio era stata mia compagna di scuola, i suoi zii amici dei miei, e io e sua moglie Rosetta siamo state amiche fin dalle elementari. Eravamo una grande famiglia, e la tomba di Maurizio, al cimitero di Nocera, è una tappa obbligata per me. Lo trovarono travolto dal fango, mentre cercava invano di proteggere un bambino. Ricordo il viaggio al suo funerale, un incubo ripetitivo: “Forse non è vero”. Ma sapevo che lo era, semplicemente non lo accettavo. Da allora, tante altre catastrofi si sono susseguite, anche vicine, come il terremoto de L’Aquila. Ma la frana di Sarno ha il volto di Maurizio, e la mia incapacità di accettare che, al di là delle indagini giudiziarie (probabilmente incapaci di individuare i veri responsabili), non fossero stati evacuati in tempo, che sei persone del personale medico e gli ammalati persero la vita. Persone travolte da quel muro di fango, frutto di secoli di negligenza, mancanza di opere idrauliche, edificazione illegale e scarsa manutenzione dei Regi Lagni, opera voluta dai Borbone per proteggere l’area dalle alluvioni, che invece si sono ripetute nel corso dei secoli. Vi prego di unirvi al mio ricordo delle vittime di questa tragedia annunciata, sempre paventata da chi conosceva l’idrogeologia. E nulla è cambiato, nessuna reale opera di manutenzione e canalizzazione è stata realizzata. Il fatto che non si sia ripetuto il disastro è solo fortuna, l’assenza della convergenza di quei fattori negativi che, nella notte tra il 5 e il 6 maggio 1998, causarono quella tragedia. Negli anni successivi, sono scattati numerosi allarmi rossi per rischio frane e alluvioni, soprattutto a Sarno. Camminiamo sull’orlo del baratro. È questa una politica responsabile? Ricordando i rimborsi che hanno portato all’incriminazione di consiglieri regionali campani, provo nausea. Con le elezioni imminenti, si ripropone la sfida tra i candidati alla presidenza della Regione. Credete che i loro programmi prevedano azioni per prevenire il disastro idrogeologico? No, nemmeno una riga.

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