Tralasciamo la politica nel senso banale, spesso intesa come cronaca di personaggi e di fazioni – Renzi, Salvini, Berlusconi, e tanti altri – o come ricetta per risolvere problemi sociali. Consideriamo invece la cultura politica nel senso più ampio, come l’hanno intesa pensatori quali Platone, Aristotele, Cicerone, Dante, Machiavelli, Hobbes, Marx, Weber, Durkheim, Adorno e Lasswell, per citarne solo alcuni. Essa rappresenta un complesso di idee, opinioni, credenze, sentimenti e atteggiamenti all’interno di una società organizzata, che coinvolge sia i cittadini, sia gli attori politici al potere, coloro che prendono decisioni con impatto su tutti. Questa cultura è un mosaico di elementi volatili e interdipendenti, plasmati da fattori economici (livello di ricchezza, distribuzione della prosperità) e da valori più stabili, radicati in istituzioni tradizionali come la famiglia, la religione, la scuola, la nazione, o l’etnia, nonché dalla moralità delle élite dirigenti. Nell’attuale società di massa democratica e nel capitalismo avanzato tipici della civiltà occidentale, sin dal dopoguerra, gli studiosi hanno segnalato segnali preoccupanti, addirittura di decadenza. Si osservano la scomparsa di élite in un sistema democratico che non sia oligarchico (a differenza, ad esempio, di Roma o Venezia), l’illusione di una crescita infinita di produzione e produttività, l’aumento dell’insicurezza, l’iper-burocratizzazione che si estende all’economia (come nel managerialismo multinazionale), il liberalismo economico sfrenato, l’eccessiva pressione fiscale, la pressione migratoria, il declino di una borghesia indebolita da pacifismo e rinuncia alla forza, la crescente mancanza di rispetto per le leggi e le autorità, l’instabilità governativa, il progressivo indebolimento dello Stato e la minaccia di fondamentalismi esterni. Questi fattori, individuati dagli studiosi di cultura politica già dalla seconda metà del XX secolo e la cui crescita è accelerata dal 2000, sembrano inesorabilmente condurci verso una crisi del nostro modello di civiltà. Interventi radicali e strutturali, ben diversi da riforme superficiali e disorganizzate, sono necessari per invertire la rotta, attingendo alle lezioni della storia. Aldo Di Vito [email protected]
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