UN’IMPOSSIBILE MISSIONE DI PACE

Sono un pacifista convinto. La guerra mi ripugna profondamente; la sofferenza umana, la perdita di vite innocenti – giovani, donne, bambini – mi addolora immensamente. È un’atrocità inaccettabile. Così, ho confidato a mia madre il mio piano: partire per Ucraina, Iraq e Libia con altri attivisti per la pace, sfilare con bandiere colorate, lanciare un messaggio di fratellanza e condannare la violenza. “Mio caro,” mi ha risposto lei, “gli abitanti di quelle zone potrebbero non comprendere il tuo messaggio. Potrebbero interpretare la vostra numerosa marcia come un atto ostile, dato che sono armati e combattono una guerra santa. Potresti persino essere in pericolo di vita”. Allora ho proposto un’alternativa: un viaggio solitario, portando doni – zeppole di San Giuseppe, cannoli siciliani, salami e vino – come segno di pace. Ma lei mi ha subito corretto: “No, il salame e il vino potrebbero essere considerati un’offesa religiosa. E togli quel crocifisso, altrimenti ti scambieranno per un crociato! Porta invece un maglione di lana”. Ho preparato lo zaino: bandiera della pace, maglione, smartphone, panini alla Nutella e una foto di Pinuccella, ma non quella in costume da bagno, bensì quella con un libro in mano. Stavo per chiamare il pasticciere quando Erricuccio e Fofonzo mi hanno chiamato per vedere la partita Juventus-Napoli e poi un concerto di Pino Daniele. All’improvviso, le immagini dei bambini martoriati sono tornate alla mente, insieme a quelle dello stadio San Paolo e dei film di Troisi. Mi sono trovato lacerato tra l’orrore della guerra e il desiderio di svago. Mentre i combattimenti infierivano, mi sono sentito un traditore, in preda a angoscia e disperazione, finché mia madre mi ha consolato con una tazza di cioccolata calda: “Stai a casa, figlio mio”. Aldo Di Vito [email protected]