La Libertà Non È Licenza

Profondamente in disaccordo con la pubblicazione di vignette offensive nei confronti di Maometto e dei suoi seguaci da parte di Charlie Hebdo, ritengo che tale atto, compiuto per mero profitto, abbia provocato una strage e sia stato spacciato ipocritamente come simbolo di libertà di espressione. Questa pretesa libertà è stata accolta con entusiasmo da una massa di persone e dalle alte sfere politiche europee, ma tale azione non rappresenta i veri valori della democrazia e della cultura occidentale. Il diritto, infatti, insegna che la libertà individuale ha dei limiti, nel rispetto dei diritti altrui. La giurisprudenza è ricca di sentenze che limitano la libertà di espressione quando questa lede l’onore, la reputazione, la fede religiosa o il patrimonio spirituale e morale. Se il confine tra satira e offesa è stato oggetto di dibattito per secoli, coinvolgendo giuristi e filosofi, non possiamo aspettarci che venga compreso da culture con tradizioni e riferimenti storici completamente differenti. Anche nella nostra società, vignette offensive nei confronti di figure religiose come Gesù o il Papa suscitano scandalo. Tuttavia, a differenza di altre culture, da noi la blasfemia non è punita con la morte. Questa differenza fondamentale deve essere compresa. La provocazione gratuita nei confronti di Maometto era del tutto evitabile e ha avuto conseguenze drammatiche. La violenza è inaccettabile, ma pretendere di far comprendere il nostro punto di vista a chi ha norme e valori radicalmente diversi è un’illusione. Analogamente, la marcia di solidarietà a Parigi, con i leader europei che si mostrano pacifici e sereni, è stata probabilmente percepita con sarcasmo dai gruppi terroristici, rafforzando la loro convinzione di poter colpire indisturbati. L’ ostentazione di misure antiterrorismo appare come una debolezza, una difensiva che conduce alla sconfitta, in netto contrasto con l’atteggiamento più cauto degli Stati Uniti. L’intera situazione appare come un’impotente ostentazione di impotenza.