Ricordando il Disastro del 1954 a Salerno e Vietri sul Mare

Il 24 ottobre, a Nocera Inferiore, presso la biblioteca comunale di Corso Vittorio Emanuele, alle 18:00, si terrà un convegno pubblico dedicato al tragico evento alluvionale del 25 e 26 ottobre 1954. Questo incontro, a carattere divulgativo, si affianca ad un altro evento riservato agli Ordine dei Geologi, che si svolgerà a Salerno nei giorni 24 e 25 ottobre. Come sottolineato dal presidente regionale dell’Ordine dei Geologi della Campania, Francesco Peduto, le due iniziative, pur essendo contemporanee, sono complementari, indirizzate a pubblici differenti.

L’alluvione del 1954, una delle più gravi calamità naturali del XX secolo in Italia, provocò la morte di 316 persone e oltre 250 feriti, causando danni stimati in oltre 50 miliardi di lire dell’epoca. L’analisi degli eventi metereologici e geologici, ancora oggi oggetto di studi approfonditi, rivela una situazione complessa. Nei giorni precedenti, una depressione atmosferica sul centro Italia, spostandosi verso est, spinse masse d’aria umida verso gli Appennini. Un fronte freddo mediterraneo causò precipitazioni inizialmente moderate, a partire dalle 13:00 sui Monti Lattari, che si intensificarono notevolmente tra le 20:00 e le 24:00, proseguendo fino al mattino seguente. Le piogge torrenziali registrarono valori significativi: Agerola (65 mm), Amalfi (82 mm), Ravello (141 mm), Cava dei Tirreni (384/540 mm), Salerno (320/504 mm), Nocera Inferiore (13,5 mm), Maiori (115 mm). Alcune discrepanze nei dati permangono, oggetto di dibattito scientifico.

Il disboscamento incontrollato contribuì probabilmente all’incremento delle frane, ma l’eccezionale intensità delle precipitazioni fu la causa principale della catastrofe. L’orografia impervia, con le sue ripide pendenze, amplificò gli effetti devastanti, trasformando i torrenti in corsi d’acqua impetuosi, trasportando fango, detriti e alberi. Vietri sul Mare, Cava dei Tirreni, Maiori, Minori, Tramonti e, in particolare, Salerno, subirono danni ingenti e perdite di vite umane. Ponti crollarono, case, strade e ferrovie furono distrutte. Interi villaggi, come Molina di Vietri con il suo storico “Ponte del Diavolo”, furono spazzati via. Il torrente Bonea, originario di Cava dei Tirreni, causò la distruzione di Molina; il Reginna provocò danni ingenti a Maiori, con crolli di edifici e 37 vittime; il Fusandola, a Salerno, ingrossato dalle frane del San Liberatore, provocò 41 morti a Canalone. Nel centro storico di Salerno, il Rafastia, solitamente sotterraneo, creò una devastante colata di fango che raggiunse la chiesa dell’Annunziata. La scena che si presentò ai soccorritori fu apocalittica: un’immensa massa di fango, detriti e corpi senza vita. I soccorsi, inizialmente disorganizzati e carenti di mezzi (in assenza di una protezione civile), si rivelarono insufficienti per i diecimila sfollati. Nonostante le difficoltà, forze dell’ordine, vigili del fuoco e carabinieri si distinsero per il loro coraggio e impegno. La ritrovamento del piccolo Mario Caputo, di quindici mesi, vivo e sano dopo tre giorni, all’interno della sua culla galleggiante, offrì un raggio di speranza alla popolazione colpita.

Redazione

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