Le banche, oberate da miliardi di crediti deteriorati, sono in difficoltà. È fondamentale non penalizzare le imprese, anzi sostenerle, optando per una strategia alternativa, tenendo presenti le esperienze negative di Grecia e Cipro, che rappresentano un avvertimento per l’Italia. Il debito pubblico italiano, pari a 2.168 miliardi di euro, se riversato sul mercato, provocherebbe un crollo delle quotazioni e un’impennata dei tassi di interesse. La robusta ricchezza privata italiana, stimata in 8.000 miliardi di euro, contro un debito privato del 126% del PIL, rappresenta un punto di forza da sfruttare. Propongo quindi di trasferire una porzione del debito pubblico sul settore privato, mediante un contributo patrimoniale del 5%, escludendo il valore della prima casa. I 350 miliardi così ricavati (il 5% di 7.000 miliardi) ridurrebbero il debito pubblico a 1.800 miliardi, portando l’incidenza sul PIL dal 135% all’115%, con conseguenti risparmi sugli interessi. Ciò consentirebbe di evitare una situazione simile a quella dell’autunno 2011, quando l’improvviso aumento dello spread, ovvero la differenza tra i rendimenti dei titoli di Stato italiani (BTP) e quelli tedeschi (Bund), raggiunse i 575 punti base. All’epoca, per collocare i BTP sul mercato, l’Italia fu costretta ad offrire tassi di interesse fino al 7,50%, ben 5,75 punti percentuali sopra il 2,25% dei Bund tedeschi. Costi di tale portata sarebbero insostenibili per l’economia italiana, superando di gran lunga gli attuali 90 miliardi di euro di interessi pagati, in gran parte a investitori esteri.
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