L’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) ha confermato un evento senza precedenti: ad agosto, per la prima volta dal settembre 1959, il costo della vita in Italia ha registrato una diminuzione. Questo fenomeno, noto come deflazione, solleva interrogativi sulla sua reale convenienza. L’inflazione, generalmente intesa come un aumento costante e generalizzato dei prezzi al consumo, riflette lo squilibrio tra domanda e offerta. Un’eccedenza di beni determina un ribasso dei prezzi, mentre una scarsità li fa lievitare. Nel lungo periodo, l’inflazione è un fenomeno monetario: un’offerta di denaro superiore alla domanda stimola la richiesta di beni e servizi e gli investimenti, creando un circolo vizioso di aumenti di prezzo. Dall’anno 2000, una forte correlazione è stata osservata tra i tassi d’interesse fissati dalla Banca Centrale Europea (BCE) e il livello di inflazione. I bassi tassi dal 2009, dopo un temporaneo picco nel 2011-2012, hanno portato a un progressivo calo dei prezzi, culminando nell’attuale deflazione. I cicli economici nei paesi occidentali, duranti circa 5 anni, alternano fasi di crescita e contrazione, influenzando anche i cicli inflazionistici. La crescita economica, aumentando la domanda di beni e servizi, spinge verso l’alto i salari e i prezzi. La deflazione è l’opposto: una diminuzione continua dei prezzi al consumo. Ad agosto, l’Istat ha registrato un calo dello 0,1% rispetto ad agosto 2013, segnando il ritorno della deflazione in Italia dopo oltre 50 anni. Il calo dei prezzi è in atto da quattro mesi e riguarda in particolare i beni energetici, soprattutto i carburanti. I prezzi dei beni energetici non regolamentati sono diminuiti dell’1,2%, con la benzina in calo dello 0,9% e il gasolio dell’1,7%. Anche il “carrello della spesa” (beni alimentari e per la casa) mostra una deflazione dello 0,2%, in miglioramento rispetto allo 0,6% di luglio. Sebbene i consumatori possano trarre vantaggio da una spesa minore, la deflazione presenta aspetti problematici. L’aumento della disoccupazione (12,6% a luglio 2014, secondo l’Istat) riduce il potere d’acquisto, comprimendo ulteriormente i prezzi. Le esportazioni potrebbero compensare questo effetto, ma non nel breve termine. Lo Stato, con costi amministrativi fissi, vede diminuire le entrate fiscali, aggravando il deficit di bilancio e contrastando gli obiettivi di pareggio. La gestione della situazione economica richiede quindi una particolare attenzione da parte del governo, soprattutto considerando l’elevato debito pubblico (2.165 miliardi di euro) e i costi degli interessi (circa 90 miliardi di euro annui). L’inflazione, svalutando il debito, è favorevole agli Stati indebitati, come dimostra l’Argentina con la sua inflazione del 20%. La BCE, a differenza di altre banche centrali (USA, Gran Bretagna, Cina, Giappone), mantiene una politica monetaria più restrittiva, mirando a un tasso di inflazione del 2%. Il caso del Giappone, alle prese con deflazione e stagnazione economica da vent’anni, con tassi d’interesse talvolta negativi, serve da monito. La deflazione rende il debito pubblico più oneroso e difficile da gestire, rappresentando una sfida significativa per l’Italia e per l’intera area Euro.
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