La dichiarazione della signora Ester Arzuffi, 67 anni e madre del presunto assassino di Yara Gambirasio, solleva dubbi sorprendenti sulla validità delle prove scientifiche. Secondo la sua versione dei fatti, i test del DNA sarebbero fallibili, asserendo che suo figlio e la sorella gemella sarebbero figli del marito, Giovanni Bossetti, e non di Giuseppe Guerinoni, ritenuto dalle indagini il padre biologico di “Ignoto 1”, l’assassino di Yara e figlio illegittimo di Bossetti. La probabilità che ciò sia vero è infinitesima, pari a 0,000003%. Accettare tale tesi significherebbe mettere in discussione decenni di studi criminologici e scientifici, nonché la reputazione di laboratori forensi internazionali, inclusi i RIS dei Carabinieri, noti per la precisione delle loro analisi. Le conseguenze sarebbero enormi, non solo per il mondo investigativo, ma anche per l’industria dell’intrattenimento, con la potenziale crisi di credibilità delle serie televisive poliziesche e la conseguente perdita di posti di lavoro per attori, sceneggiatori, tecnici e operatori del settore. L’ipotesi della signora Arzuffi, per quanto remota, obbliga a riflettere sulla natura stessa delle prove scientifiche e sulla possibilità, seppur minima, di errori. La scarsa probabilità di veridicità, però, non cancella la questione sollevata. Come diceva Agatha Christie: “Una coincidenza è una coincidenza… due coincidenze fanno un indizio, tre coincidenze fanno una prova!”. E in questa vicenda, le coincidenze sembrano essere più di tre.
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