La Galleria d’Arte Verrengia di Salerno ospita una coinvolgente mostra che mette a confronto le opere di Omar e Michelangelo Galliani, padre e figlio, due artisti di generazioni diverse uniti da un talento indiscutibile. Situata in via Fieravecchia, la galleria, nota per presentare artisti di fama nazionale e internazionale, offre fino al 30 gennaio un’esposizione che celebra l’incontro tra disegno e scultura. L’evento, inaugurato il 29 novembre, propone un affascinante dialogo tra due stili artistici distinti, dove l’opera di uno riflette e completa quella dell’altro, come espresso dallo stesso Omar: “Di padre in figlio… germinazioni e mutazioni… di segno in segno… di sogno in sogno”. Omar Galliani, figura di spicco dell’arte contemporanea italiana e internazionale, nato a Montecchio Emilia nel 1954, dove tuttora vive e lavora, ha percorso una carriera costellata di successi. Le sue prime esperienze artistiche si collocano negli anni Settanta, con incursioni nell’arte concettuale, per poi proseguire negli anni Ottanta con la partecipazione al gruppo degli Anacronisti e del Magico Primario. La sua partecipazione a numerose mostre internazionali, tra cui tre edizioni della Biennale di Venezia (1982, 1984, 1986) e mostre personali in prestigiose gallerie in tutto il mondo (tra cui una retrospettiva alla GAM di Torino nel febbraio 2024), ne conferma il ruolo di artista di rilievo. Michelangelo Galliani, scultore e docente di tecniche del marmo e delle pietre dure presso l’Accademia di Belle Arti di Urbino, vanta anch’egli un curriculum di mostre personali e collettive di notevole spessore. La mostra salernitana presenta una selezione di disegni a carboncino di Omar Galliani, di varie dimensioni, alcuni appartenenti alla serie “disegni siamesi”, dove figure doppie generano nuove identità. Definito dal critico Lòrànd Hegyi come “un disegno assoluto, puro, puristico, concettuale, incentrato sulla definizione della forma e dei chiari rapporti tra le posizioni spaziali”, il lavoro di Omar trova un suggestivo contrappunto nelle sculture di Michelangelo. Queste ultime, sebbene apparentemente classicheggianti, rifiutano la pura tradizione, combinando il candido marmo di Carrara con acciaio, piombo e persino mercurio. Come affermano gli artisti stessi: “Il riflesso, la luce, il rispecchiamento, il contatto sono condizioni essenziali dell’opera. Nel levigare un bronzo, un marmo, nel disegnare un foglio o una tavola rendendone sublime la materia originaria compiamo un atto di congiunzione e trasformazione. La vita produce se stessa ma sempre in divenire e in modo differente. Mutazione lenta e costante del codice originario, evoluzione e trasformazione dell’uno nel molteplice”.
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