Dal 14 novembre all’8 dicembre 2013, la Pinacoteca Provinciale di Palazzo Pinto, situata in via Mercanti 63, ha ospitato una mostra antologica dedicata all’artista e giornalista romano Danilo Maestosi, attivo da oltre un decennio. La sua prima mostra personale, “Come ombre sui muri”, a Palazzo della Marra di Ravello, ha segnato l’inizio di un lungo percorso espositivo che lo ha portato a Berlino, Il Cairo, Hangzhou (Cina) e numerose altre città italiane ed internazionali. A Salerno, ha presentato una serie di tele unite dal tema “L’Era Glaciale”, a cura di Erminia Pellecchia e Alfio Borghese. Maestosi ha scelto il bianco, il colore dell’era glaciale – come lo definiva Kandinsky – ma lo percepisce come “colore di gestazione. L’infinito che respinge e accoglie. Un remoto inizio, simile a una fabbrica abbandonata della creazione, che funge da incubatrice per la forma, il segno e ogni altro colore. Archeologia, dunque: una storia da scavare e riscoprire. O da costruire attraverso innesti, come i botanici che creano nuovi sapori e frutti, o riportano alla luce essenze estinte incrociando specie vegetali mediante sovrapposizioni, incisioni e ferite. Vita che emerge da sotto una coltre di ghiaccio. Va maneggiata con cura: è molto fragile”. Nella presentazione della mostra, Pellecchia e Borghese descrivono la tela bianca come un “grado zero”, un giardino utopico dove il pittore ritrova l’essenza vitale della storia e ne osserva la genesi e la trasformazione in una complessità e varietà di forme. L’uomo-avatar del terzo millennio, privo di identità, sembra intraprendere un’angosciata discesa negli abissi, suggerisce Maestosi, analizzando una società contemporanea iper-esposta, superficiale e artificiale, di cui l’arte, troppo spesso, è uno specchio vuoto ed effimero: non si interroga né interroga gli altri, è in cortocircuito, intrappolata nell’arroganza e nell’autocelebrazione. Maestosi, invece, cerca di “piantare, nel silenzio della coltre di ghiaccio, il seme della coscienza, della conoscenza, della resistenza, della costruzione del nuovo. Senza nostalgia, senza pretese di verità. Semplicemente con lo stupore”. Come pittore, Maestosi lavora a cicli. Tre di questi sono stati esposti al Museo del Vittoriano: “Lunario” (2005), mostrato anche a Napoli e Potenza; “Le mille e una seta” (2008), esposta a Berlino; e “Concerto-sconcerto” (2010), presentata a Viterbo e Lodi. Come critico d’arte, Maestosi ha collaborato e collabora con prestigiose testate come Il Tempo, Paese Sera, ANSA, Rai e Il Messaggero.
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